I merletti che non ti aspetti

Questa è la storia di un salvataggio, reso possibile dalla passione di un uomo per le tradizioni della sua terra d’origine.

Protagonista di questa che sembra quasi una bella favola è Gianpiero Boschero.
Nato nel 1950 a Saluzzo da una famiglia originaria di Frassino in Val Varaita, ha esercitato la professione di avvocato nella sua città natale, ma ha sempre rivolto uno sguardo curioso e appassionato alla cultura dei suoi antenati.

Appena ventenne, con il suo conterraneo e amico Fredo Valla, che “da grande” sarebbe poi diventato uno stimato documentarista, e con sua sorella Marilena Valla, aveva fatto ricerche per scovare informazioni su una tradizione che in passato aveva avuto un ruolo e uno sviluppo importanti in valle: il merletto lavorato con i fuselli.

È quindi iniziato un avventuroso viaggio a ritroso alla scoperta di notizie al riguardo, volte a trovare il modo per tentarne un recupero.

Cuffia con merletto realizzato al tombolo
Cuffia femminile festiva di Bellino con merletto a fuselli (sec.  XVIII).

Questa particolare trina ornava i tradizionali costumi da festa, sia maschili che femminili, di Casteldelfino: bordava infatti i polsi e il davantino della camicia e il collo della giacca da uomo e ornava il colletto della camicia delle donne. Spiccava però soprattutto nella cuffia, caratterizzata da un’ampia tesa e diffusa in tutta la media e alta Val Varaita, che accompagnava ogni donna nelle varie fasi della vita.

Così scopriva che, a partire dal battesimo, il disegno presente nel merletto lanciava precisi segnali, dichiarando per esempio se una ragazza fosse in cerca di marito, già sposata o vedova.

La passione del giovane Gianpiero lo portò nel corso di tutta la vita a raccogliere una gran quantità di materiale di vario genere, utile per ricostruire e tener traccia della tradizione.

La storia di come una lavorazione così fine e tanto diversa dalla rude vita dei montanari fosse arrivata in quella valle era, e tutt’ora è, curiosa e affascinante.

Le località interessate sono Sampeyre, Casteldelfino, Pontechianale e Bellino, in Valle Varaita, e l’attigua località di Acceglio, in Valle Maira. Ma si trovano esperienze analoghe nelle confinanti vallate francesi del Queyras (nei paesi di Ceillac, Saint Véran e Molines) e del Roya, oltre ad altre isolate località della Val Chisone e della Val d’Oulx.

L’origine del merletto, tessuto trasparente lavorato con l’ago o con i fuselli, risale rispettivamente alla Venezia e alle Fiandre (Belgio) di fine ‘400. Si diffonderà in tutta Europa durante il Rinascimento, differenziandosi per tecniche e disegno. Era soprattutto utilizzato dalla nobiltà e dalla ricca borghesia, e nel tempo crebbe l’importanza di chi si dedicava alla produzione di questi particolari e costosissimi ornamenti dell’abbigliamento.

In Francia fu introdotto da Caterina de’ Medici (che sposò Enrico II d’Orléans, re di Francia) e in seguito, durante il regno di Luigi XIV, il ministro Colbert diede particolare impulso a tutte le forme di artigianato, merletto compreso. Grazie agli insegnamenti delle merlettaie veneziane, fatte arrivare sul posto a tale scopo, si sviluppò una vera e propria scuola francese, che introdusse nuovi punti e in breve fece una concorrenza spietata all’Italia. Il ministro vietò addirittura l’importazione di manufatti esteri.

Sarà però nel 1700 che il merletto troverà la massima diffusione ornando sia l’abbigliamento femminile come quello maschile, la biancheria da letto e gli arredi sacri.

Motivo cachemere - Pouiéntes d'Oc
Motivo cachemire, particolare del merletto di una cuffia antica presente nel Museo di Casteldelfino.

E proprio il grande sviluppo di questa pratica in Francia ha a che vedere con la sua settoriale diffusione.
Infatti, in epoca medioevale il marchesato di Saluzzo comprendeva tutta la Val Maira e la media e bassa Val Varaita, mentre l’alta Val Varaita faceva parte del Delfinato, passato al re di Francia nel 1349. Senza entrare nei dettagli, basta dire che nel XVII secolo, quando si sviluppò nell’alta Val Varaita questo particolare tipo di artigianato artistico, la stessa era ancora sotto il dominio francese. Il fatto spiega anche perché la base del merletto di queste valli sia il “point de Paris”, una specie di rete di fondo formata da buchi esagonali disposti a file.

La lavorazione al tombolo veniva realizzata e tramandata di generazione in generazione dalle donne nella stagione invernale. All’inizio del ‘900 però l’uso dei merletti era calato, ed è curioso e incredibile che sia stato un “uomo d’arme” a ridare impulso alla pratica impedendo che cadesse nell’oblio.

Il colonnello Michele Celestino Bes, originario di Bousson in Valle d’Oulx e distintosi durante la Prima Guerra Mondiale per la grande capacità operativa, dopo il conflitto fu assegnato al II Battaglione Alpini di Cuneo; durante quel periodo, nell’ambito dei progetti portati avanti dal Comitato Provinciale delle Piccole Industrie, organizzò negli anni dal 1923 al 1925 quattro corsi insegnamento del merletto a fuselli, con l’intento di trasformare questa attività in una risorsa economica e aiutare le famiglie che abitavano in montagna.

In particolare, a San Damiano Macra (Val Maira) dove mancava la maestra, fu fatta venire una merlettaia addirittura da Vercelli, che però non insegnò i caratteristici merletti della valle. L’iniziativa, per fortuna, ebbe un buon successo a borgata Chiesa di Bellino (Val Varaita), dove il corso fu tenuto dalla vecchia maestra merlettaia del luogo, “dondo Talino”.

Ma torniamo al protagonista di questa storia. Nel 1985 l’ormai avvocato Boschero, individuate le origini di questa particolare tradizione, mentre faceva ricerche sulla ghironda in Val Maira ebbe l’inaspettata e insperata fortuna di venire in contatto a Stroppo (Val Maira) con Gino Lonardelli, che possedeva un vero e proprio catalogo di merletti.

Bordatura con motivo Fragole e api, merletto nuovo realizzato durante le attività dell'associazione Pouiéntes d'Oc.
Bordatura con motivo Fragole e api, merletto nuovo realizzato durante le attività dell’associazione Pouiéntes d’Oc.

Sua madre, Maddalena Tholozan, maestra elementare a Bellino, era stata un punto di riferimento importante al tempo in cui, proprio per iniziativa del colonnello Bes, era stata avviata una produzione su commessa, con vendita diretta in un negozio di Torino grazie anche all’interessamento della contessa Grimaldi, conoscente del colonnello. A questo scopo erano stati realizzati due cataloghi identici. Consultandoli, la produzione in valle e la clientela in città avevano riferimenti comuni. La madre di Gino Lonardelli riceveva gli ordini e ne coordinava l’esecuzione.

Purtroppo, preparare il catalogo aveva richiesto già parecchi mesi e ci voleva anche più di un anno per realizzare un metro di pizzo con disegno elaborato. Quindi, a causa dell’enorme quantità di tempo necessaria alla lavorazione, l’attività non portò i risultati sperati e fu abbandonata dopo qualche anno.

Forte di tutte informazioni acquisite, l’avvocato Boschero si mise in gioco in prima persona e, per garantire la sopravvivenza della tecnica utilizzata, volle impararla egli stesso andando a lezione dalle ultime due merlettaie scovate a Bellino, valenti allieve di “dondo Talino”.

Nel 1987, grazie anche a tutto il materiale raccolto, tenne poi un corso di tecnica di lavorazione di questo merletto presso il Museo Civico di Cuneo e l’anno seguente, con alcune allieve, fondò l’associazione “Pouiéntes d’Oc” (merletti occitani), con lo scopo di studiare i modelli tradizionali e insegnarne l’esecuzione.

Nel 1997 è stata realizzata una mostra di manufatti nel chiostro della chiesa di San Francesco di Cuneo, che ha ottenuto una grande affluenza di pubblico.

Dal 1998, in collaborazione con il Comune di Cuneo per una decina d’anni sono stati organizzati laboratori di merletto al tombolo in alcune scuole elementari della città. Il progetto ha riscosso molto interesse e successo tra i giovani allievi, istruiti dalle ex-alunne dell’associazione diventate a loro volta maestre. L’attività ha contribuito a sviluppare manualità, ordine e precisione negli studenti, oltre a far conoscere una tradizione che rischiava di essere dimenticata.

Nel frattempo questa tradizione è stata reinserita in Val Varaita, dove ha messo buone radici. L’associazione “Pouiéntes d’Oc”, sempre animata dal fondatore, continua a tenere corsi di insegnamento di questo merletto a fuselli sia a Cuneo che in Val Varaita.

Oggi i pizzi al tombolo non si vedono solo nei costumi sfoggiati durante le feste tradizionali (come la “Baìo” di Sampeyre) oppure nei musei, ma continuano ad essere utilizzati anche dagli uomini in alcune situazioni, sia sacre che profane.

Fiori di olivo, merletto realizzato da Franca Gondolo.
Fiori di olivo, merletto realizzato da Franca Gondolo.

Per esempio, nei processi più importanti il giudice oltre alla toga indossa la “pazienza”, una specie di bavagliolo contornato da un merletto a fuselli, che fa bella mostra di sé anche in alcuni paramenti sacri indossati dal sacerdote e nelle tovaglie posate sull’altare in certe speciali ricorrenze.

Va però considerato che ormai la maggior parte dei pizzi citati in questi ultimi esempi sono realizzati industrialmente, perché il costo di un merletto artigianale sarebbe troppo elevato.

Ha invece un valore inestimabile l’opera dell’avvocato Boschero che, per amore delle proprie origini, si è speso per salvare e valorizzare un aspetto della tradizione occitana, prezioso patrimonio collettivo.

Questo tipo di merletto a fuselli, raffinato nell’aspetto ma dalla consistenza robusta, sembra sfidare i luoghi comuni, inclini a considerare la cultura montana rude, essenziale e priva di grazia

Fonte: avv. Gianpiero Boschero – Articolo: Ines Beltramo. All Rights Reserved.